08.10.2012
I 24 CAPRICCI DI FRANCESCA DEGO
DEBUT RECORDING SU DEUTSCHE GRAMMOPHON
FRANCESCA DEGO
PAGANINI
24 Capricci
DEBUT RECORDING ON DEUTSCHE GRAMMOPHON
“Francesca Dego è uno dei talenti più straordinari che io abbia incontrato. Possiede una tecnica infallibile e brillante, un suono bello, caldo e affascinante, la sua musicalità è al tempo stesso fantasiosa e rispettosa del testo”
Salvatore Accardo
Francesca Dego è una della più apprezzate interpreti della sua generazione: a soli 23 anni si è già esibita nei maggiori contesti internazionali suscitando l'unanime consenso della critica e del pubblico.
Paganini è l'autore che l'ha lanciata nel mondo concertistico sia per aver vinto il "Premio Costa" riservato al più giovane finalista dell'omonimo concorso, sia per l'eredità interpretativa di Salvatore Accardo con il quale si è perfezionata per 9 anni presso la Fondazione Stauffer di Cremona.
L'uscita di questa incisione su etichetta Deutsche Grammophon assume un significato particolare e si ricollega alla celebre esecuzione di Accardo che rappresenta tutt'ora un bestseller della casa di Amburgo.
Francesca Dego suona un prezioso violino Giuseppe Guarneri del Gesu’ (Cremona 1734), tra i cui passati proprietari c’è il grande Ruggiero Ricci il primo nella storia ad incidere i Capricci di Paganini, nel 1947, con questo stesso violino.
DISPONIBILE DAL 30 OTTOBRE 2012 NEI NEGOZI DI DISCHI E IN DIGITALE
PAGANINI
24 Capricci
DEBUT RECORDING ON DEUTSCHE GRAMMOPHON
“Francesca Dego è uno dei talenti più straordinari che io abbia incontrato. Possiede una tecnica infallibile e brillante, un suono bello, caldo e affascinante, la sua musicalità è al tempo stesso fantasiosa e rispettosa del testo”
Salvatore Accardo
Francesca Dego è una della più apprezzate interpreti della sua generazione: a soli 23 anni si è già esibita nei maggiori contesti internazionali suscitando l'unanime consenso della critica e del pubblico.
Paganini è l'autore che l'ha lanciata nel mondo concertistico sia per aver vinto il "Premio Costa" riservato al più giovane finalista dell'omonimo concorso, sia per l'eredità interpretativa di Salvatore Accardo con il quale si è perfezionata per 9 anni presso la Fondazione Stauffer di Cremona.
L'uscita di questa incisione su etichetta Deutsche Grammophon assume un significato particolare e si ricollega alla celebre esecuzione di Accardo che rappresenta tutt'ora un bestseller della casa di Amburgo.
Francesca Dego suona un prezioso violino Giuseppe Guarneri del Gesu’ (Cremona 1734), tra i cui passati proprietari c’è il grande Ruggiero Ricci il primo nella storia ad incidere i Capricci di Paganini, nel 1947, con questo stesso violino.
DISPONIBILE DAL 30 OTTOBRE 2012 NEI NEGOZI DI DISCHI E IN DIGITALE
A metà del XVIII secolo, il Capriccio ha perduto gli originari caratteri contrappuntistici di Ricercare pur con un certo margine di libera scrittura appunto “a capriccio”. E’ sinonimo, invece, di cadenza solistica ad esempio d’un Concerto (l’op. III di Locatelli dal titolo L’arte del violino, 1733: dodici Concerti solistici con ventiquattro protopaganiniani Capricci-cadenza) oppure significa Studio, esercizio tecnico segnatamente per il violino come nei casi esemplari di Fiorillo, Kreutzer o Rode.
Da questi “precedenti” e nella sua più formidabile sintesi creativa, Niccolò Paganini (1782-1840) fonde la cadenza da Concerto e lo studio violinistico e inventa per il Capriccio una dimensione e un significato nuovi. Così la successione svagata e brillante di note alla Locatelli acquista un ordine netto, logico, conseguente nella forma che si è fatta organica; tutto questo senza rinunciare ai tratti bizzarri, estemporanei, pure programmatici come nel bachiano Capriccio sopra la lontananza del suo fratello dilettissimo che caratterizzano anche il Barocco.
Ancora. Con i 24 Capricci di Paganini, la raccolta di esercizi scolastici diventa musica tout court e viene investita di una qualità creativa che offrirà spunti a Chopin per le sue Etudes pianistiche. Quanto ai Capricci, essi si pongono come summa della didattica trascendentale. Sono il Nuovo Testamento del violino di contro all’Antico: i Sei Solo violinistici di Sebastian Bach.
***
Non si conosce la data di composizione dei Capricci. E’ plausibile la nascita in tempi diversi (l’autografo somma tre raccolte: Opera 1ma i primi sei Capricci, Opera 2da altri sei, Opera 3za gli ultimi dodici). Molto meno probabile è una collocazione giovanile, vista la compiuta maturità della raccolta, tanto più se confrontata con lavori paganiniani precoci e carichi di futuro ma acerbi come le Variazioni sulla Carmagnola o il Concerto in mi minore.
Ad ogni modo, i Capricci vengono ultimati e messi “in bella copia” entro il 24 novembre 1817, data apposta dagli incisori delle lastre. Giovanni Ricordi pubblica la raccolta due anni e mezzo dopo, nel giugno 1820, con i brani raggruppati tutti ventiquattro nell’op. I, numerati progressivamente e con dedica «Alli Artisti» cioè all’impegno privato dei professionisti (per quanto se ne sa, Paganini non esegue mai in pubblico nessun Capriccio).
Esaminiamo i Capricci a gruppi di tre.
Un vortice, un moto irrefrenabile di ampi arpeggi con l’archetto a rimbalzo e sequenze ben sgranate di note doppie. Così, con scatto felino e nemmeno due minuti di virtuosismo musicalissimo, il Capriccio n. 1 entra nel mezzo del discorso e traduce la febbre del discorso compositivo. Il Capriccio n. 2 è basato sul motivo tecnico dei salti di corde con arco sempre elastico e leggero. Vede interagire due figure: una nota che si ripete uguale al grave o all’acuto; una frase dolente nel respiro per semitoni e nel reclinare. Si fondono così vitalismo strumentale e la malinconia che muove dal si minore d’impianto e può trasformarsi in smarrimento esistenziale per il cromatismo accortamente distribuito. Cornice del Capriccio n. 3 è un Sostenuto in minore tutto ottave intensamente cantabili e pure trillate. Al centro c’è un Presto in maggiore e a moto perpetuo – va eseguito “legatissimo” – dalle movenze sfuggenti e romantiche.
Col suo gonfio do minore che rimanda a quello dei Classici viennesi (Haydn, Mozart e Beethoven), il Capriccio n. 4 si stacca dagli altri per ampiezza e taglio sonatistico. Lo scintillante ricorrere di motivi trascendentali appare così tutt’uno con il nutrito Sviluppo dove il primo tema ovvero la frase pensosa e dolente d’apertura vive emozionanti scambi tonali, gronda romantiche “diminuite” e si allarga in densi accordi dall’inedito risalto polifonico. Il Capriccio n. 5 apre con una funambolica cadenza: impressionanti scalate in arpeggi sino a non potere salire oltre con la mano sinistra, ripide discese su scale, uno svolazzone cromatico in su e in giù. Il tutto dimostra la formidabile se non patologica flessibilità dell’iperabile mano di Paganini che al compositore e critico Castil-Blaze suggerisce l’immagine di «un fazzoletto legato in cima ad una canna» che sventola da tutte le parti: Al centro c’è ancora un perpetuum mobile, Agitato secondo un proibitivo colpo d’arco. Il Capriccio n. 6 con i suoi echi mandolinistici e la malinconica ambientazione del tono di sol minore è un poetico tour de force: oltre 50 battute di Largo in tremolo con la mano sinistra.
Nel Capriccio n. 7 piccole cellule, variate con grande dinamismo, risaltano in “picchettato” (più note staccate nella stessa arcata) mentre nell’Ottavo Paganini sembra fare la parodia, sorta di Debussy prima del tempo, dello studio canonico: un disegno ricorrente a note lunghe con movimento contemporaneo di quartine. Il popolare Nono capriccio è detto ma non da Paganini “La caccia” per l’imitazione di fanfare dei corni (anche di flauti). E’ il gusto onomatopeico caro al Paganini degli esordi e già particolarmente sviluppato nel Barocco tedesco. Il brano è l’unico della raccolta in forma di Rondò: il Ritornello “della caccia” e due strofe.
Al Capriccio n. 10 - grinta ritmica, vortice di passaggi veloci, di trilli e “picchettati” - fa da contrasto l’Undicesimo che apre e chiude con un commosso, cantabilissimo Adagio poi trascritto per pianoforte da Schumann. Il Presto di mezzo risalta invece per accenti popolareschi peraltro cari a Paganini. Nel disegno nota ripetuta-frase indipendente, il Capriccio n. 12 richiama il Secondo. Qui però l’esecuzione è “legata” e su corde vicine con un singolare colore diafano.
Nel Capriccio n. 13 una discesa di terze cromatiche scoppietta come una risata; di qui il titolo apocrifo “La risata”. Il n. 14 che è improprio chiamare “La marcia” e suonare con spirito marziale, vede come l’entrata progressiva di strumenti d’orchestra sino al “tutti” in “fortissimo”. Nel Capriccio n. 15 viene variata un’enigmatica melodia in ottave (Posato) prima d’una parte in accordi dai “picchettati” fulminei.
Il Capriccio n. 16 è tutto immerso in bagno allucinato dove il “forte” marca e rende ansiogene note su cui cadrebbe invece un accento debole. Il n. 17 ha un’introduzione interlocutoria (Sostenuto) cui segue una sorta di Scherzo (Andante) dove bicordi pacati e sornioni dialogano con brillanti volatine. C’è anche una sequela d’ottave in minore sfogatamente paganiniana. Il Diciottesimo capriccio porta l’indicazione Corrente che qui non ha rapporti con l’omonima danza ma significa “scorrevole”: uno scorrevole richiamo come di tromba. Risponde un Allegro di danza prima a note semplici poi in bicordi.
Dopo una breve introduzione, il Capriccio n. 19 vede un ritmico Allegro assai dal continuo avvicendarsi di “piano” e “forte”. Risalta, al centro, un Minore scritto per intero su un’acrobatica, acutissima quarta corda. Il Capriccio n. 20 è pastorale (risuona una sorta di zampogna natalizia) mentre il n. 21 è un vero e proprio duetto d’opera tradotto strumentalmente col contrasto improvviso d’un intermezzo tutto scale e “picchettati”.
Marcato, il Capriccio n. 22 apre con un cantabile incisivo e polifonico e prosegue con un rapido Minore mentre il n. 23 si pone fra i maggiori della raccolta per immaginoso virtuosismo.
E’ un degno preludio al 24° ed ultimo Capriccio, l’unico in forma esplicita di Tema con Variazioni e brano che ribadisce ed esalta la consuetudine sette-ottocentesca di chiudere una raccolta nel segno del bizzarro e dell’imprevedibile. Viene variato un Tema la cui fortuna otto-novecentesca è pari al tema della Follia di Spagna nel XVII e XVIII secolo. Ascoltiamo un tema cordiale ed espansivo, quadrato e ammiccante Quasi presto. Arduo risulta superare con onore le undici Variazioni di bravura più il Finale con cui il brano passa in rassegna e riassume i motivi trascendentali impiegati negli altri ventitré Capricci. Motivi cui si aggiunge quello nuovo di scoppiettanti pizzicati con la mano sinistra, ingrediente tipico delle Variazioni da concerto paganiniane. Appunto il passaggio dal chiuso dello studio alla sala da concerto; a folle da catturare e infiammare.
Alberto Cantù
CURIOSITA’
Francesca Dego suona un meraviglioso violino costruito a Cremona nel 1734 da Giuseppe Guarneri, detto “Del Gesù”. È un tipico esempio del lavoro di questo leggendario liutaio, in perfette condizioni. Il violino presenta un buon equilibrio tra la precisione e il genio impulsivo di Guarneri. Linee fluide, sagomatura superba, vernice preservata in modo eccellente, qualità e resistenza del legno costituiscono la base per la stupenda sonorità corposa e allo stesso tempo brillante di questo violino. Ne sono testimonianza l’eccellenza dei passati proprietari tra cui il grande Ruggiero Ricci, che per primo incise proprio con questo violino i Capricci di Paganini.
Da questi “precedenti” e nella sua più formidabile sintesi creativa, Niccolò Paganini (1782-1840) fonde la cadenza da Concerto e lo studio violinistico e inventa per il Capriccio una dimensione e un significato nuovi. Così la successione svagata e brillante di note alla Locatelli acquista un ordine netto, logico, conseguente nella forma che si è fatta organica; tutto questo senza rinunciare ai tratti bizzarri, estemporanei, pure programmatici come nel bachiano Capriccio sopra la lontananza del suo fratello dilettissimo che caratterizzano anche il Barocco.
Ancora. Con i 24 Capricci di Paganini, la raccolta di esercizi scolastici diventa musica tout court e viene investita di una qualità creativa che offrirà spunti a Chopin per le sue Etudes pianistiche. Quanto ai Capricci, essi si pongono come summa della didattica trascendentale. Sono il Nuovo Testamento del violino di contro all’Antico: i Sei Solo violinistici di Sebastian Bach.
***
Non si conosce la data di composizione dei Capricci. E’ plausibile la nascita in tempi diversi (l’autografo somma tre raccolte: Opera 1ma i primi sei Capricci, Opera 2da altri sei, Opera 3za gli ultimi dodici). Molto meno probabile è una collocazione giovanile, vista la compiuta maturità della raccolta, tanto più se confrontata con lavori paganiniani precoci e carichi di futuro ma acerbi come le Variazioni sulla Carmagnola o il Concerto in mi minore.
Ad ogni modo, i Capricci vengono ultimati e messi “in bella copia” entro il 24 novembre 1817, data apposta dagli incisori delle lastre. Giovanni Ricordi pubblica la raccolta due anni e mezzo dopo, nel giugno 1820, con i brani raggruppati tutti ventiquattro nell’op. I, numerati progressivamente e con dedica «Alli Artisti» cioè all’impegno privato dei professionisti (per quanto se ne sa, Paganini non esegue mai in pubblico nessun Capriccio).
Esaminiamo i Capricci a gruppi di tre.
Un vortice, un moto irrefrenabile di ampi arpeggi con l’archetto a rimbalzo e sequenze ben sgranate di note doppie. Così, con scatto felino e nemmeno due minuti di virtuosismo musicalissimo, il Capriccio n. 1 entra nel mezzo del discorso e traduce la febbre del discorso compositivo. Il Capriccio n. 2 è basato sul motivo tecnico dei salti di corde con arco sempre elastico e leggero. Vede interagire due figure: una nota che si ripete uguale al grave o all’acuto; una frase dolente nel respiro per semitoni e nel reclinare. Si fondono così vitalismo strumentale e la malinconia che muove dal si minore d’impianto e può trasformarsi in smarrimento esistenziale per il cromatismo accortamente distribuito. Cornice del Capriccio n. 3 è un Sostenuto in minore tutto ottave intensamente cantabili e pure trillate. Al centro c’è un Presto in maggiore e a moto perpetuo – va eseguito “legatissimo” – dalle movenze sfuggenti e romantiche.
Col suo gonfio do minore che rimanda a quello dei Classici viennesi (Haydn, Mozart e Beethoven), il Capriccio n. 4 si stacca dagli altri per ampiezza e taglio sonatistico. Lo scintillante ricorrere di motivi trascendentali appare così tutt’uno con il nutrito Sviluppo dove il primo tema ovvero la frase pensosa e dolente d’apertura vive emozionanti scambi tonali, gronda romantiche “diminuite” e si allarga in densi accordi dall’inedito risalto polifonico. Il Capriccio n. 5 apre con una funambolica cadenza: impressionanti scalate in arpeggi sino a non potere salire oltre con la mano sinistra, ripide discese su scale, uno svolazzone cromatico in su e in giù. Il tutto dimostra la formidabile se non patologica flessibilità dell’iperabile mano di Paganini che al compositore e critico Castil-Blaze suggerisce l’immagine di «un fazzoletto legato in cima ad una canna» che sventola da tutte le parti: Al centro c’è ancora un perpetuum mobile, Agitato secondo un proibitivo colpo d’arco. Il Capriccio n. 6 con i suoi echi mandolinistici e la malinconica ambientazione del tono di sol minore è un poetico tour de force: oltre 50 battute di Largo in tremolo con la mano sinistra.
Nel Capriccio n. 7 piccole cellule, variate con grande dinamismo, risaltano in “picchettato” (più note staccate nella stessa arcata) mentre nell’Ottavo Paganini sembra fare la parodia, sorta di Debussy prima del tempo, dello studio canonico: un disegno ricorrente a note lunghe con movimento contemporaneo di quartine. Il popolare Nono capriccio è detto ma non da Paganini “La caccia” per l’imitazione di fanfare dei corni (anche di flauti). E’ il gusto onomatopeico caro al Paganini degli esordi e già particolarmente sviluppato nel Barocco tedesco. Il brano è l’unico della raccolta in forma di Rondò: il Ritornello “della caccia” e due strofe.
Al Capriccio n. 10 - grinta ritmica, vortice di passaggi veloci, di trilli e “picchettati” - fa da contrasto l’Undicesimo che apre e chiude con un commosso, cantabilissimo Adagio poi trascritto per pianoforte da Schumann. Il Presto di mezzo risalta invece per accenti popolareschi peraltro cari a Paganini. Nel disegno nota ripetuta-frase indipendente, il Capriccio n. 12 richiama il Secondo. Qui però l’esecuzione è “legata” e su corde vicine con un singolare colore diafano.
Nel Capriccio n. 13 una discesa di terze cromatiche scoppietta come una risata; di qui il titolo apocrifo “La risata”. Il n. 14 che è improprio chiamare “La marcia” e suonare con spirito marziale, vede come l’entrata progressiva di strumenti d’orchestra sino al “tutti” in “fortissimo”. Nel Capriccio n. 15 viene variata un’enigmatica melodia in ottave (Posato) prima d’una parte in accordi dai “picchettati” fulminei.
Il Capriccio n. 16 è tutto immerso in bagno allucinato dove il “forte” marca e rende ansiogene note su cui cadrebbe invece un accento debole. Il n. 17 ha un’introduzione interlocutoria (Sostenuto) cui segue una sorta di Scherzo (Andante) dove bicordi pacati e sornioni dialogano con brillanti volatine. C’è anche una sequela d’ottave in minore sfogatamente paganiniana. Il Diciottesimo capriccio porta l’indicazione Corrente che qui non ha rapporti con l’omonima danza ma significa “scorrevole”: uno scorrevole richiamo come di tromba. Risponde un Allegro di danza prima a note semplici poi in bicordi.
Dopo una breve introduzione, il Capriccio n. 19 vede un ritmico Allegro assai dal continuo avvicendarsi di “piano” e “forte”. Risalta, al centro, un Minore scritto per intero su un’acrobatica, acutissima quarta corda. Il Capriccio n. 20 è pastorale (risuona una sorta di zampogna natalizia) mentre il n. 21 è un vero e proprio duetto d’opera tradotto strumentalmente col contrasto improvviso d’un intermezzo tutto scale e “picchettati”.
Marcato, il Capriccio n. 22 apre con un cantabile incisivo e polifonico e prosegue con un rapido Minore mentre il n. 23 si pone fra i maggiori della raccolta per immaginoso virtuosismo.
E’ un degno preludio al 24° ed ultimo Capriccio, l’unico in forma esplicita di Tema con Variazioni e brano che ribadisce ed esalta la consuetudine sette-ottocentesca di chiudere una raccolta nel segno del bizzarro e dell’imprevedibile. Viene variato un Tema la cui fortuna otto-novecentesca è pari al tema della Follia di Spagna nel XVII e XVIII secolo. Ascoltiamo un tema cordiale ed espansivo, quadrato e ammiccante Quasi presto. Arduo risulta superare con onore le undici Variazioni di bravura più il Finale con cui il brano passa in rassegna e riassume i motivi trascendentali impiegati negli altri ventitré Capricci. Motivi cui si aggiunge quello nuovo di scoppiettanti pizzicati con la mano sinistra, ingrediente tipico delle Variazioni da concerto paganiniane. Appunto il passaggio dal chiuso dello studio alla sala da concerto; a folle da catturare e infiammare.
Alberto Cantù
CURIOSITA’
Francesca Dego suona un meraviglioso violino costruito a Cremona nel 1734 da Giuseppe Guarneri, detto “Del Gesù”. È un tipico esempio del lavoro di questo leggendario liutaio, in perfette condizioni. Il violino presenta un buon equilibrio tra la precisione e il genio impulsivo di Guarneri. Linee fluide, sagomatura superba, vernice preservata in modo eccellente, qualità e resistenza del legno costituiscono la base per la stupenda sonorità corposa e allo stesso tempo brillante di questo violino. Ne sono testimonianza l’eccellenza dei passati proprietari tra cui il grande Ruggiero Ricci, che per primo incise proprio con questo violino i Capricci di Paganini.
BIOGRAFIA
FRANCESCA DEGO (Lecco 1989) è considerata dal pubblico e dalla critica fra le migliori interpreti italiane della nuova generazione. La sua carriera in rapida ascesa l’ha portata negli ultimi anni a esibirsi regolarmente da solista e in formazioni cameristiche in Italia, Stati Uniti, Messico, Argentina, Uruguay, Israele, Inghilterra, Irlanda, Francia, Belgio, Austria, Germania, Svizzera.
Esce nel mese di ottobre (2012), il suo disco di debutto per Deutsche Grammophon con i 24 Capricci di Paganini incisi sul Guarneri del Gesù appartenuto a Ruggiero Ricci.
Vincitrice di numerosi concorsi nazionali e internazionali, nel 2008 e’ stata la prima violinista italiana ad entrare in finale al Premio Paganini di Genova dal 1961 aggiudicandosi inoltre il premio speciale “Enrico Costa” riservato al piu’ giovane finalista.
Per Salvatore Accardo Francesca è “uno dei talenti più straordinari che io abbia incontrato. Possiede una tecnica infallibile e brillante, un suono bello, caldo e affascinante, la sua musicalità è al tempo stesso fantasiosa e molto rispettosa del testo.”
Diplomata con lode e menzione speciale al Conservatorio di Milano, si e’ perfezionata con Daniele Gay, che la segue da quando ha 9 anni, con Salvatore Accardo all’ Accademia Stauffer di Cremona e all’Accademia Chigiana a Siena e con Itzhak Rashkovsky al Royal College of Music a Londra (Master in Performance).
Francesca debutta da solista a 7 anni in California con un concerto di Bach, in Italia a 14 con il Concerto di Beethoven e a 15 con il Concerto di Brahms in Sala Verdi a Milano diretta da György Györiványi Ráth. L’anno dopo viene invitata da Shlomo Mintz ad eseguire con lui la Sinfonia Concertane di Mozart al teatro d’opera di Tel Aviv. Da allora suona regolarmente da solista con importanti orchestre tra cui i Cameristi della Scala, la Sofia Festival Orchestra, la European Union Chamber Orchestra, l’Orchestra Stabile del Teatro Colon a Buenos Aires, l’Orchestra Sinfonica “Verdi” di Milano, l’Orchestra Sinfonica “Arturo Toscanini”, I Solisti di Rostov, l’Orchestra Sinfonica del Comunale di Bologna, la Israel Sinfonietta Beer-Sheva, l’Orchestra Sinfonica di Bacau, l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, la Filarmonica di Torino, l’Orchestra del Teatro “Carlo Felice” di Genova, l’Orchestra “I Pomeriggi Musicali”, la London RCM Sinfonietta e L’Orchestra Regionale Toscana, e si è esibita a fianco di musicisti e direttori del calibro di Salvatore Accardo, Filippo Maria Bressan, Gabriele Ferro, Bruno Giuranna, Christopher Franklin, Gianluigi Gelmetti, Julian Kovatchev, Wayne Marshall, Antonio Meneses, Shlomo Mintz, Domenico Nordio, Paolo Olmi, Daniele Rustioni, Peter Stark e Xian Zhang.
Tra gli impegni recenti i debutti alla Wigmore Hall e alla Royal Albert Hall di Londra, a Bruxelles (concerto di Mendelssohn), in Austria e in Francia al Festival “Les Flâneries Musicales” di Reims, il Concerto di Paganini con La Verdi, l’Orchestra del Comunale di Bologna e quella del Teatro Colon di Buenos Aires diretta da Shlomo Mintz, Brahms e Sibelius all’Auditorium di Milano con Xian Zhang e Wayne Marshall, Prokofiev con la Filarmonica di Torino e la Sinfonica di Milano (apertura stagione 12/13), Beethoven con l’ORT diretta da Gabriele Ferro, a Pavia con l’Orchestra dell’Accademia della Scala e ad Orlando (Florida), Mozart con l’Orchestra di Padova e del Veneto, Bach con i Cameristi della Scala, il ritorno in Sala Verdi per la Societa’ del Quartetto e la partecipazione da solista ai Concerti per la Vita e per la Pace a Betlemme e Gerusalemme con l’Orchestra Giovanile Italiana diretta da Nicola Paszkowski, trasmessi dalla RAI in mondovisione.
Nei prossimi mesi sarà impegnata in concerti e tournée in Italia, USA, Argentina, Perù, Libano, Austria, Belgio, Francia, Israele, Svizzera e UK.
FRANCESCA DEGO (Lecco 1989) è considerata dal pubblico e dalla critica fra le migliori interpreti italiane della nuova generazione. La sua carriera in rapida ascesa l’ha portata negli ultimi anni a esibirsi regolarmente da solista e in formazioni cameristiche in Italia, Stati Uniti, Messico, Argentina, Uruguay, Israele, Inghilterra, Irlanda, Francia, Belgio, Austria, Germania, Svizzera.
Esce nel mese di ottobre (2012), il suo disco di debutto per Deutsche Grammophon con i 24 Capricci di Paganini incisi sul Guarneri del Gesù appartenuto a Ruggiero Ricci.
Vincitrice di numerosi concorsi nazionali e internazionali, nel 2008 e’ stata la prima violinista italiana ad entrare in finale al Premio Paganini di Genova dal 1961 aggiudicandosi inoltre il premio speciale “Enrico Costa” riservato al piu’ giovane finalista.
Per Salvatore Accardo Francesca è “uno dei talenti più straordinari che io abbia incontrato. Possiede una tecnica infallibile e brillante, un suono bello, caldo e affascinante, la sua musicalità è al tempo stesso fantasiosa e molto rispettosa del testo.”
Diplomata con lode e menzione speciale al Conservatorio di Milano, si e’ perfezionata con Daniele Gay, che la segue da quando ha 9 anni, con Salvatore Accardo all’ Accademia Stauffer di Cremona e all’Accademia Chigiana a Siena e con Itzhak Rashkovsky al Royal College of Music a Londra (Master in Performance).
Francesca debutta da solista a 7 anni in California con un concerto di Bach, in Italia a 14 con il Concerto di Beethoven e a 15 con il Concerto di Brahms in Sala Verdi a Milano diretta da György Györiványi Ráth. L’anno dopo viene invitata da Shlomo Mintz ad eseguire con lui la Sinfonia Concertane di Mozart al teatro d’opera di Tel Aviv. Da allora suona regolarmente da solista con importanti orchestre tra cui i Cameristi della Scala, la Sofia Festival Orchestra, la European Union Chamber Orchestra, l’Orchestra Stabile del Teatro Colon a Buenos Aires, l’Orchestra Sinfonica “Verdi” di Milano, l’Orchestra Sinfonica “Arturo Toscanini”, I Solisti di Rostov, l’Orchestra Sinfonica del Comunale di Bologna, la Israel Sinfonietta Beer-Sheva, l’Orchestra Sinfonica di Bacau, l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, la Filarmonica di Torino, l’Orchestra del Teatro “Carlo Felice” di Genova, l’Orchestra “I Pomeriggi Musicali”, la London RCM Sinfonietta e L’Orchestra Regionale Toscana, e si è esibita a fianco di musicisti e direttori del calibro di Salvatore Accardo, Filippo Maria Bressan, Gabriele Ferro, Bruno Giuranna, Christopher Franklin, Gianluigi Gelmetti, Julian Kovatchev, Wayne Marshall, Antonio Meneses, Shlomo Mintz, Domenico Nordio, Paolo Olmi, Daniele Rustioni, Peter Stark e Xian Zhang.
Tra gli impegni recenti i debutti alla Wigmore Hall e alla Royal Albert Hall di Londra, a Bruxelles (concerto di Mendelssohn), in Austria e in Francia al Festival “Les Flâneries Musicales” di Reims, il Concerto di Paganini con La Verdi, l’Orchestra del Comunale di Bologna e quella del Teatro Colon di Buenos Aires diretta da Shlomo Mintz, Brahms e Sibelius all’Auditorium di Milano con Xian Zhang e Wayne Marshall, Prokofiev con la Filarmonica di Torino e la Sinfonica di Milano (apertura stagione 12/13), Beethoven con l’ORT diretta da Gabriele Ferro, a Pavia con l’Orchestra dell’Accademia della Scala e ad Orlando (Florida), Mozart con l’Orchestra di Padova e del Veneto, Bach con i Cameristi della Scala, il ritorno in Sala Verdi per la Societa’ del Quartetto e la partecipazione da solista ai Concerti per la Vita e per la Pace a Betlemme e Gerusalemme con l’Orchestra Giovanile Italiana diretta da Nicola Paszkowski, trasmessi dalla RAI in mondovisione.
Nei prossimi mesi sarà impegnata in concerti e tournée in Italia, USA, Argentina, Perù, Libano, Austria, Belgio, Francia, Israele, Svizzera e UK.